I dendrimeri sono composti oligomerici o polimerici, altamente ordinati, caratterizzati da un elevato numero di ramificazioni che si diramano da un nucleo centrale detto “core”. Il core determina la struttura finale di questa nanoparticella, ne influenza, infatti, la forma e la dimensione, può essere costituito da un singolo atomo o da una molecola, può essere omogeneo oppure eterogeneo e può ospitare atomi metallici (Boas and Heegaard 2004).

I dendrimeri possono essere funzionalizzati con carboidrati, peptidi e siliconi, per formare rispettivamente glicodendrimeri, dendrimeri peptidici e siliconici (Quintana et al 2002). Il core è chiamato generazione zero ed ogni livello di ramificazione è chiamato generazione.
Differenti funzionalizzazioni, come ad esempio con le poliamine (polipropilene, polipropilene-imine, PPI dendrimeri), o con miscele di poliamidi e amine (poliamido-amine, PAMAM dendrimeri) possono modificare la struttura dendrimerica. La zona intermedia, denominata regione interna, è caratterizzata da un sistema simmetrico di ramificazioni, ogni ramificazione costituisce un livello generazionale (Fig.6). Questa zona conferisce alla molecola sia proprietà fisiche sia chimiche peculiari, caratterizza la flessibilità dell’intera molecola e influenza la presenza di volumi interni liberi disponibili ad ospitare altri composti. La dimensione dei dendrimeri può influenzare la sua fuoriuscita dall’interstizio endoteliale circostante per raggiungere le cellule bersaglio.
Ad esempio, i dendrimeri PANAM di generazione 4, grandi 4.5nm, attraversano l’endotelio capillare più velocemente dei dendrimeri di generazione 0 grandi 1.5 nm, la differenza di velocità è esponenziale (El-Sayed et al 2001). Queste nanoparticelle possono essere sintetizzate in modo divergente, dal core verso il livello più esterno, o in modo convergente, ossia dalle ramificazioni più esterne che vengono alla fine unite al core (Hawker and Frechet 1990). Il farmaco può essere associato al dendrimero in più modi, può essere fisicamente incapsulato negli spazi tra le ramificazioni, può essere inglobato formando un network di farmaco o, infine, può essere legato in modo covalente, o non covalente, sulla superficie del dendrimero (Cloninger 2002). I dendrimeri PANAM complessati con la indometacina hanno mostrato, in ratti artritici, un attività antinfiammatoria maggiore rispetto alla indometacina libera (Chauhan et al 2004). Gli stessi dendrimeri PANAM sono stati utilizzati con un targeting attivo tramite la complessazione con l’acido folico più il metotrexato, queste nanoparticelle hanno mostrato effetti citotossici maggiori su cellule tumorali che esprimevano i recettori per il folato come le cellule di carcinoma epidermico umano (Quintana et al 2002). Anche il DNA può essere complessato con i dendrimeri, queste strutture con dimensioni di 100-175nm aumentano l’efficienza di transfezione (Braun et al 2004). La tossicità e l’immunogenicità dei dendrimeri è stata notevolmente diminuita grazie all’aggiunta di PEG e acidi grassi (Jevprasesphant et al 2003: Nigavekar et al 2004).
Dendrimeri nanocompositi per medical imaging
Il dendrimero più piccolo è stato sviluppato per superare il prolungato tempo di ritenzione che determinava tossicità nella maggior parte dei prodotti per MR (Kobayashi et al 2005).
Questi agenti basati su strutture dendrimeriche sono espulsi dai reni più velocemente rispetto ai prodotti convenzionali, e permettevano una visualizzazione dei vasi migliore grazie alla minor capacità di fuoriuscire dal letto capillare (Kobayashi et al 2005). Tuttavia piccole variazioni di dimensione di questi dendrimeri possono causare dei cambiamenti nella farmacocinetica, alterazione del passaggio attraverso l’endotelio capillare, alterazioni di escrezione e riconoscimento da parte del sistema reticolo-endoteliale. Agenti di contrasto dendrimerici delle dimensioni di 3,6nm sono velocemente eliminati a livello renale, e si prestano quindi come agenti di contrasto renali, dendrimeri della dimensione di 7,12 nm sono trattenuti in circolo ematico e possono essere utilizzati come agenti di contrasto vascolari, varianti di agenti di contrasto basati sul gadolinio con un nucleo dendrimerico di polipropilenimina diaminobutano (DAB) si accumulano velocemente nel fegato indicando, quindi un possibile utilizzo come agente di contrasto epatico (Kobayashi et al 2005).
Anche per queste nanoparticelle sono necessari ulteriori studi di nanotossicologia. Per approfondire l’argomento vai alla sezione nanotecnologia e nanomedicina.
Referenze bibliografiche
Estratto dalla mia tesi di laurea specialistica “DETERMINAZIONE IN VITRO DELLA CITOTOSSICITA’ DI NUOVI NANOMATERIALI”. Pubblicata su NANOMEDICINE (2012: 7:3) – Development of a multilevel approach for the evaluation of nanomaterials’ toxicity. Luca Galluzzi, Laura Chiarantini, Elena Pantucci, Rosa Curci, Jacqueline Merikhi, Helga Hummel, Peter K Bachmann, Elisabetta Manuali, Giovanni Pezzotti & Mauro Magnani.
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