Le nanoparticelle di carbonio sono utilizzate sia per il drug delivery che per il Medical imaging.
Nanoparticelle di carbonio per il drug delivery
Tra le nanoparticelle di carbonio utilizzate per il per il drug delivery distinguiamo i nanotubi e fullereni.
Fullereni
I fullereni hanno struttura sferica a sessanta atomi di carbonio equidistanti dal centro. Questa nuova molecola ha proprietà simili a grafite e diamante, ma anche proprietà peculiari dovute alla sua simmetria sferica e alla superficie ricurva (Rosén et al 2001). Data la forma sferica, questa molecola venne chiamata “Buckminsterfullerene” e successivamente Fullerene in onore di Richard Buckminster Fuller, architetto celebre per aver diffuso la cupola geodetica. Queste nanostrutture derivate dal carbonio, se purificate hanno una tossicità molto bassa su molte tipologie cellulari in vitro e non inducono risposte infiammatorie nei tessuti in vivo (Fiorito et al 2004). Inoltre recenti esperimenti hanno provato un effetto inibitorio di queste particelle sulla risposta allergica, mediante una significativa riduzione del rilascio di IgE (Ryan et al 2006). I fullereni inoltre hanno mostrato la capacità inattivare i radicali dell’ossigeno comportandosi come la l’enzima superossido-dismutasi (Ali et al 2004), e sono stati da molti autori classificati come una nuova classe di citoprotettori (Lin et al 2001).
I nanotubi
I nanotubi di carbonio sono macromolecole cilindriche con un raggio di alcuni nanometri e che possono essere lunghi anche 20 cm (Zhu et al 2002). Le pareti di questi nanotubi sono formate da un reticolo esagonale di atomi di carbonio analogo ai piani atomici della grafite, all’estremità possono essere chiusi da metà molecola di fullerene (Polizu et al 2006). Un nanotubo può essere composto da più cilindri concentrici, ed in questo caso viene chiamato nanotubo Multi-walled e può arrivare fino a 100 nm di diametro. I nanotubi formati da un solo strato (single-walled nanotube) hanno un diametro tra i 0.4 e i 3 nm e si formano dall’arrotolamento di un foglio di graphene (un’aggregazione bi- dimensionale del carbonio).
I nanotubi Multi-walled sono stati i primi ad essere sintetizzati nel 1991 (Iijima 1991), questi sono stati seguiti poi dai single-walled nel 1993 (Iijima et al 1993; Balasubramanian et al 2005). La principale caratteristica di queste particelle è che sono in grado di penetrare le membrane cellulari senza causare mortalità cellulare (Klump et al 2006). I nanotubi di carbonio sono utilizzati come sensori di anomalie genetiche, come substrato per la crescita cellulare nella rigenerazione tissutale (Harrison and Atala 2007; Abarrategi et al 2008) e per veicolare farmaci chemioterapici come ad esempio il carboplatino (Hampel et al 2008). I nanotubi di carbonio possono essere funzionalizzati con una vastità di peptidi e farmaci, un esempio è la funzionalizzazione con amfotericina B, un antibiotico antifungino che legato al naotubo di carbonio è velocemente interiorizzato dalle cellule di mammifero ed ha una tossicità minore rispetto al farmaco libero (Klumpp et al 2006).
Un recente studio ha dimostrato la possibilità di utilizzare dei nanotubi come sistema di vaccinazione, legandoli covalentemente ad epitopi di cellule B. Queste nanoparticelle iniettate in topi hanno stimolato la risposta immunitaria senza che il virus fosse stato iniettato e senza causare immunogenicità (Pantarotto et al 2003). Inoltre è stato dimostrato che cellule tumorali che hanno internalizzato questi nanotubi sono più suscettibili all’ipertermia (Kam et al 2005). Queste strutture possono, infine, essere utilizzate come vettori per trasportare DNA plasmidico nella cellula (Singh et al 2005).
Nanoparticelle di carbonio per medical imaging
Nanoparticelle di carbonio sono state impiegate in radiodiagnostica come radiotraccianti inglobando all’interno della struttura un radioisotopo. Sia i nanotubi che i fullereni sono stati utilizzati in RM per veicolare il gadolinio, la struttura che ne è derivata è stata chiamata rispettivamente Gadonanotubo (Sitharaman and Wilson 2006) e Gadofullerene (Bolskar 2008). I fullereni sono stati utilizzati anche per incapsulare il 99mTc (Karam et al 1997), per legare agenti di contrasto iodati nei raggi x (Warton et al 2002).
Tutti questi composti sono risultati molto meno tossici ed hanno avuto meno effetti collaterali rispetto ai relativi agenti di contrasto liberi.
Anche per queste nanoparticelle sono necessari ulteriori studi di nanotossicologia. Per approfondire l’argomento vai alla sezione nanotecnologia e nanomedicina.
Referenze bibliografiche
Estratto dalla mia tesi di laurea specialistica “DETERMINAZIONE IN VITRO DELLA CITOTOSSICITA’ DI NUOVI NANOMATERIALI”. Pubblicata su NANOMEDICINE (2012: 7:3) – Development of a multilevel approach for the evaluation of nanomaterials’ toxicity. Luca Galluzzi, Laura Chiarantini, Elena Pantucci, Rosa Curci, Jacqueline Merikhi, Helga Hummel, Peter K Bachmann, Elisabetta Manuali, Giovanni Pezzotti & Mauro Magnani.
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