Ultimamente si è avuto un aumento di produzione di nanomateriali molto diversi tra loro. A seconda della loro diversa composizione e applicazione i nanomateriali attualmente esistenti vengono classificati in base al loro utilizzo in:
- Nanoparticelle per il drug delivery (Koo et al 2005).
- Nanoparticelle per la diagnostica per immagini (Hughes 2005).
Nanoparticelle per il drug delivery
Le nanoparticelle sono utilizzate per la veicolazione di agenti terapeutici poco solubili e hanno il compito di veicolare il farmaco al sito specifico, aumentarne la biodisponibilità, rilasciarlo in modo controllato, proteggerlo dalla degradazione, ridurne gli effetti tossici, controllarne la farmacocinetica e la farmacodinamica e modulare la risposta immunitaria al fine di migliorarne l’efficacia (Le Garrec et al 2004).
Alcuni tipi di composti sono già presenti in medicina per specifiche terapie oncologiche (Fetterly et al 2003).

Le nanoparticelle utilizzate in drug delivery (Fig.1) includono:
Nanoparticelle utilizzate in medical imaging
Le nanoparticelle utilizzate in medical imaging includono gli agenti di contrasto e farmaci radioattivi utilizzati per applicazioni mediche in vivo come:
• La SPECT (tomografia computerizzata a emissione di singoli fotoni).
• La PET (tomografia a emissione di positroni).
• La RM (risonanza magnetica).
• La microscopia a fluorescenza.
• La tomografia computerizzata.
• Gli ultrasuoni.
Queste modalità di indagini permettono valutazioni non invasive, inoltre numerosi trial clinici, oggi, dipendono sempre di più da dati di imaging ottenuti con queste modalità (Koo et al 2005).

Le nanoparticelle che sono state utilizzate a questi fini (Fig. 9) sono:
- Liposomi per imaging.
- Quantum dots.
- Nanoparticelle magnetiche.
- Dendrimeri nanocompositi.
- Nanoparticelle di carbonio.
- Nanosfere e nanocapsule.
Il “targeting”
Il targeting, o meccanismo di indirizzamento, di queste particelle può essere di tipo passivo o attivo.
Il targeting passivo si verifica quando il letto capillare è talmente permeabile da far passare liberamente le nanoparticelle che giungono così in sede. Ciò si verifica in caso sia di infiammazione, per la presenza di citochine e fattori vasoattivi che aumentano la permeabilità vascolare, sia in caso di tumori solidi, che promuovono la neoangiogenesi e i vasi neoformati hanno diametro irregolare e punti di apertura tra 380 e 780 nm (Figura 12) (Hobbs et al 1998 ). Al contrario, il letto vascolare normale presenta un endotelio impermeabile a carriers di grandezza tra 2 e 4 nanometri (Firth et al 2002).

Queste caratteristiche fanno si che le nanoparticelle si accumulino nel sito bersaglio e non negli altri organi o tessuti. Per questo tipo di targeting è necessario che i nanocarrier rimangano in circolo per un tempo sufficientemente lungo. Questi composti hanno un emivita abbastanza corta a causa dei meccanismi di difesa del paziente che ne determinano l’eliminazione attraverso i fagociti del sistema reticolo-endoteliale, per evitare ciò la superficie delle nanoparticelle deve essere resa “invisibile” all’opsonizzazione da parte dei fagociti. Ciò è stato reso possibile grazie a particolari polimeri idrofilici con bassa immunogenicità e antigenicità (Moghimi et al 2002).
Il targeting attivo sfrutta alcuni epitopi o recettori presenti solo su cellule bersaglio e i ligandi di questi recettori sono saldamente legati, covalentemente e non, ai nanocarrier a cui è associato un farmaco. In questo modo i nanocarrier sono facilmente indirizzati alle cellule bersaglio (Willis et al 1998). I ligandi maggiormente utilizzati sono il folato, la transferrina, l’insulina, il galattosio, alcuni anticorpi come l’anti-CD19, anti- CD20, anti-CD53 e alcuni peptidi come il peptide vasoattivo intestinale.
Il drug delivery
La forma di somministrazione è determinata da alcune caratteristiche intrinseche del farmaco e dalle necessità del paziente. Ve ne sono di più tipi (Koo et al 2005):
- Il drug delivery orale è la forma più comune di somministrazione di un farmaco che può essere gestita direttamente dal paziente. Questo tipo di somministrazione non permette l’utilizzo di peptidi perché degradati rapidamente durante il passaggio nel tratto gastro-intestinale.
- Il drug delivery parentale consiste nell’iniezione intravenosa, intramuscolare e subcutanea, questa tipologia è la più diffusa.
- Il drug delivery polmonare permette di veicolare aerosol, polveri e soluzioni tramite appositi inalatori o nebulizzatori. Questo sistema è specifico per il trattamento dei problemi respiratori, ma potrebbe presto essere utilizzato per alcune malattie sistemiche. A livello polmonare sono però presenti delle proteasi che possono degradare il farmaco-carrier se sotto forma peptidica.
- Il drug delivery transdermico permette di evitare sia i problemi gastro- intestinali che il farmaco può indurre, sia le interferenze alimentari. È una metodica poco invasiva, ma non permette dosaggi elevati o precisi ed ha bassa velocità di penetrazione.
- Il drug delivery locale trans-tissutale richiede la fissazione di sistemi su resezioni di tessuto, un esempio ne sono i devices che possono essere ricaricati di farmaco. Richiede intervento chirurgico.
- Il drug delivery mediante microchips è un sistema tecnologico che sfrutta particolari sistemi elettronici ingegnerizzati di ridotte dimensioni impiantati sotto la cute. Questi sistemi permettono il rilascio del farmaco a livello locale o sistemico anche per lunghi periodi di tempo. Richiedono sofisticati sistemi di controllo farmaco-specifici.
- Il drug delivery per terapie geniche rappresenta una nuova sfida nel trattamento di alterazioni genetiche. Si basa sull’utilizzo di plasmidi a DNA che devono essere veicolati nel nucleo cellulare solo di alcune cellule per ripristinarne funzioni alterate o perdute.
Il rilascio
Il rilascio controllato del farmaco è un fattore significativo nel successo della terapia, questo può essere continuo oppure pulsato.
Nel rilascio continuo il sistema carrier rilascia il farmaco a velocità controllata mediante diffusione, oppure come risultato della degradazione del carrier stesso nel tempo. Nel rilascio pulsatile il carrier è formulato per rispondere a determinati stimoli rilasciando il farmaco, lo stimolo può essere una variazione di temperatura, di pH o esposizione a luce ultravioletta, in questo modo si possono simulare delle attività biologiche normali come, ad esempio, la secrezione di insulina (Koo et al 2005).
Per queste nanoparticelle sono necessari ulteriori studi di nanotossicologia. Per approfondire l’argomento vai alla sezione nanotecnologia e nanomedicina.
Referenze bibliografiche
Estratto dalla mia tesi di laurea specialistica “DETERMINAZIONE IN VITRO DELLA CITOTOSSICITA’ DI NUOVI NANOMATERIALI”. Pubblicata su NANOMEDICINE (2012: 7:3) – Development of a multilevel approach for the evaluation of nanomaterials’ toxicity. Luca Galluzzi, Laura Chiarantini, Elena Pantucci, Rosa Curci, Jacqueline Merikhi, Helga Hummel, Peter K Bachmann, Elisabetta Manuali, Giovanni Pezzotti & Mauro Magnani.
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